A polluting person is always in the wrong. He has developed some wrong condition or simply crossed some line which should not have been crossed and this displacement unleashes danger for someone
Mary Douglas, Purity and Danger. An Analysis of Concepts of Pollution and Taboo
Purezza, impurità e contaminazione sono, in ogni cultura, concetti con complesse implicazioni sociali che vanno al di là di semplici preoccupazioni per l’igiene e la salute; essi implicano una relazione più intricata tra differenti attori all’interno di una determinata struttura sociale. All’interno di queste relazioni, l’impurità è di volta in volta interpretata come un segno della rabbia divina, come una rottura dell’ordine sociale, come la violazione di confini corporali e come la dimostrazione di incertezza e di minaccia verso la comunità.
Cos’è il Kegare?
Il concetto giapponese di kegare 穢れ, tradotto spesso con “impurità”, rappresenta uno degli elementi più significativi nell’universo ideologico e rituale giapponese, fin dai tempi antichi; l’eliminazione dell’impurità, il ristabilimento di una condizione di purezza, è stato l’obiettivo primario di diverse pratiche rituali in diversi momenti e contesti durante i secoli.
Il termine kegare è solitamente collegato ad altri vocaboli come kitanashi キタナシ, oe 汚穢, aka 垢 (sporco), nigosu 濁 (fangoso, impuro), aku 悪 (malvagio), kurashi 黒 (scuro, nero), mashi 悪邪 (ingiusto, eventi malvagi), kō 凶 (sfortuna), arashi 荒 (violento), utoshi 疎 (ignorante), shiko 醜鬼 (brutto, malvagio), maga 禍 (malvagità) and kagai 禍害 (cattivo, o anche danno, inganno). Questi termini esprimono chiari sentimenti di odio e ripugnanza anche fisica, in contrasto con termini più sereni e virtuosi solitamente impiegati per indicare la purezza, come ad esempio mei 明 (luminosità, chiarezza), aka 赤 (rosso, ma anche perfetto, completo), ni 丹 (rosso, ma anche sincerità), seimei 清明 (puro e chiaro) and sei 正 (corretto, giusto).
La nozione di kegare implica alttri concetti importanti come quello di imi 忌 (tabu, interdizione), l’interpretazione della purezza (con le caratteristiche e i fattori chiave che la regolano) e il rapporto tra sacro e profano in una dinamica complessa che va oltre la tradizionale interpretazione dicotomica. Il concetto di kegare è anche spesso associato a quello di tsumi 罪, una parola di difficile resa perché l’italiano “colpa” o “peccato” spesso portano con le una forte connotazione cristiana. Ci sono in particolare due tipi di tsumi: gli tsumi celesti (amatsutsumi天津罪) che rischiano di danneggiare le attività lavorative e agricole, e gli tsumi terreni (kunitsutsumi国津罪) che causano sfortuna nella vita quoditiana e sono strettamente connessi al sangue e alla morte.
Studi di folklore e analisi etimologica
Da un punto di vista etimologico, oltre a un possibile riferimento a kega 怪我 (ferita, con particolare riferimento a quanto causa sanguinamento), gli studi giapponesi di folklore (minzokugaku) tendono a tracciare l’origine del termine i kanji 褻・枯れ (ke-kare), 気・枯れ (ki-kare) o 気・離れ (ki-hare). La variazione nel primo kanji implica una differente interpretazione della nozione stessa: quando ke è scritto con il kanji 気, esso rappresenta l’energia vitale, mentre quando è utilizzato il kanji ke 褻, il significato è quello di profano. Nel secondo caso, ke è associato a shoku 食, l’azione quotidiana del nutrimento del corpo, e mō毛 (lett. “pelliccia”, “lana”), i prodotti dei campi che includono il riso. L’interpretazione di ke come 褻 sembra includere l’idea della forza vitale (気) nella vita di tutti i giorni (attraverso i prodotti che permetto il nutrimento e il mantenimento della forza).
Samurai Tokutaro
Sakurai Tokutaro esamina il concetto di kegare come elemento intermedio tra ke e hare; in particolare identifica un ciclo tripolare che inizia con ke, per spostarsi verso kegare, e procedere successivamente con l’introduzione di hare che ristabilizza il ke originale. In questa visione, ke è il potere sacro connesso alla crescita della pianta di riso; la degenerazione del ke, ke ga kakeru けがかける à け・かれ à けがれ corrisponde al periodo di desolazione e aridità dell’anno, e le cerimonie sono i metodi per ristabilire l’energia vitale. In questo modo si spiega il ruolo e la funzione dei rituali agricoli; ke è l’espressione simbolica della vita di tutti i giorni, il potere della padrona di casa che supervisiona le scorte di riso e che gestisce l’attività rituale all’interno della famiglia.ital energy is restored.fruitless period of the year, and the ritual ceremonies in the festive days are the means by which the
Namihira Emiko
L’antropologa Namihira Emiko è senza dubbio colei che ha prodotto le ricerche più influenti sulla questione; la studiosa considera i tre elementi di hare, ke e kegare, come tre fasi di una struttura circolare. Hare è il sacro, l’elemento puro, ke è il profano e l’ordinario e kegare è la componente impura. Kegare non è contenuto in hare (come se fossero due aspetti dello stesso potere) ma è il suo chiaro opposto, è ontologicamente diverso, caratterizzato da impurità, sporcizia e morte; hare emerge per eliminare kegare. Entrambi sono staccati dalla dimensione profana. I riti Shintō lavorano nella direzione di stabilire hare ed eliminare completamente kegare.
Itō Mikiharu
Un altro significativo contributo è quello di Itō Mikiharu che sostiene che hare e kegare non dovrebbero essere considerati come elementi opposti ma come termini strutturalmente interdipendendi; l’universo del sacro e del profano nella società giapponese sono infatti concetti variabili e interconnessi. In quest’analisi, si oppone a Durkheim e alla sua interpretazione di sacro e profano come rigidamente separati e opposti. Per Itō, hare e kegare condividono lo stesso carattere ambiguo del sacro, come un insieme di forze pure e impure, di eventi fortunati e sfortunati; riconosce quindi una natura ambivalente alla nozione di sacro, come una forza misteriosa, un’essenza eterogenea, sia buona che cattiva. Hare e kegare sono entrambe opposte alla nozione di zoku 俗, l’ordinario (ke 褻). L’opposizione è qui tra straordinario, con la sua doppia caratteristica di puro e impuro , e le norme della vita ordinaria, quotidiana.
Miyata Noboru
Anche il grande Miyata Noboru dedica parte dei suoi studi all’analisi di queste relazioni; considerando il ke come la vita quotidiana, di tutti igiorni, kegare è inteso come qualcosa che dissipa questa forza quotidiana. Miyata si basa sull’analisi dell’etimologia in tre modi diversi: 褻・枯れ (ke – kare, estinzione dell’ordinario), 気・枯れ (ki – kare, estinzione della forza vitale) e 気・離れ (ki – hare, separazione dalla forza vitale). anziché scegliere tra una delle etimologia, indica invece una vicinanza di significato tra 褻・気. Hare (l’elemento festivo, puro) rappresenta uno specifico spazio trasformato, quello della celebrazione religiosa e dei riti pubblici (quando la popolazione veste gli abiti della festa, hare gi 晴れ着). Ke è lo spazio e il tempo ordinario, la sfera privata in cui si sviluppa la vita di tutti i giorni. Kegare è allora interpretato come una dissipazione della forza vitale o una separazione e degradazione dell’ordinario. Ke inteso come ki, essenza vitale e forza al massimo del vigore, è la condizione di esistenza ideale; tuttavia, nella vita di tutti i giorni questa energia non è sempre al massimo perché ci sono costanti pericoli e danni. Kegare come un indebolimento della forza vitale è la fonte di malattie e problemi fisici (le malattie chiamate ke-yasumi けやすみ, o ke-zetsuけぜつ sono quelle che implicano un’intensa dispersione del ke). L’essere umano, vivendo, consuma energie che lentamente abbandonano il corpo (kegarete iru ケガレている); i rituali hare sono pensati come mezzo per ristabilire la condizione di energia originaria. Rappresentano un momento di pausa, in momenti specifici dell’anno, per rigenerare le forze e curare i fastidi.
Al di là dell’etimologia tuttavia, troviamo altre diverse interpretazioni della nozione di kegare, che prendono in considerazione aspetti mitologici e sociali diversi.
Kami, Calamità e Tennō
La prima analisi prende in considerazione la nozione di kegare così come appare nei testi antichi e nelle narrazioni mitiche. Fin dai tempi antichi, gli esseri umani sono alla mercé della Grande Natura del Cielo e della Terra, Tenchi Daishizen天地大自然; vivono seguendo il ritmo naturale, percependo l’immenso potere della natura (della terra, dell’acqua, delle piante, del fuoco e ovviamente del sole). Il potere della natura viene tradotto nell’idea degli otto milioni di kami, che rappresentano da una parte la forza creativa della natura ma dall’altra la sua incredibile violenza distruttiva.
Nell’animismo tipico dell’era Jōmon, l’elemento del sacro, sei 聖, del profano, zoku 俗 e del kegare 穢, che sono successivametne identificate con i kami 神, l’essere umano (hito 人), e i kemono 獣 (ciò che è inumano, selvaggio e brutale) sono ancora vaghi e sfocati. a questo punto non c’è ancora una netta distinzione tra le sfere del sacro sei 聖 , del profano zoku 俗 e del kegare 穢, ed entrambe le nozioni di sei e kegare possono indicare i due aspetti della potenza dei kami. Ciò che è sacro, seinaru mono聖なるもの è quindi strettamente connesso a ciò che è terribile e pericoloso, kegare 穢れ: ma mentre il sacro rappresenta tutti gli aspetti positivi della vita umana, il kegare si manifesta in eventi catastrofici come morte, malattia o calamità. Le calamità (wazawai 禍 o 災い) sono considerate il risultato del terribile potere dei kami, causate da qualche genere di tsumi o di kegare che richiede particolari purificazioni rituali a corte (oharai 大祓). La distinzione tra kegare, tsumi e wazawai non è sempre chiarissima.
Ordine e Disordine
Un secondo tipo di interpretazione è quello tipico dell’antropologia culturale; qui, kegare è considerato come una forza che mette in pericolo l’ordine stabilito, un elemento esterno e straniero che si insinua in un sistema in equilibrio. Kegare è quindi sinonimo di pericolo, di qualcosa che sfugge ad ogni categorizzazione. In particolare, il kegare è collegato alla morte e alla nascita, questo perché entrambi sono momenti di transizione per la società, durante i quali la comunità perde o deve incorporare un membro; il periodo di impurità coincide con il primo momento, molto intenso, in cui si verifica il cambiamento vale a dire il momento immediatamente successivo alla morte fisica e il momento precedente alla nascita (la gravidanza).
Questa interpretazione ha anche un altro risvolto, in particolare perché nell’antico sistema politico, esisteva un’ampia fetta di popolazione su cui il potere imperiale non aveva controllo; erano gli esterni, gli stranieri che si disponevano concentricamente intorno all’autorità imperiale e rappresentavano una minaccia alla stabilità dello stato. Kegare diventa così il simbolo del pericolo politico e culturale, che arriva da territori esterni; per ragioni simili, kegare è termine applicato a tutti quei membri della comunità che differiscono dalla norma per deformità o apparenza fisica (diverso colore dei capelli, handicap fisici, ecc) e che sono quindi collocati ai margini della società.
Come abbiamo visto, in tempi antichi l’essere umano percepiva il terribile potere della natura in un misto di sentimenti di fascinazione e terrore; sacro e kegare non erano chiaramente separati e rappresentavano anzi due facce dello stesso potere. Con il tempo assistiamo invece ad una maggiore differenziazione tra i vari aspetti della natura, e vediamo una netta separazione tra kami, esseri umani e bestie. Kegare è rappresentato da tutti quegli elementi confusi che si trovano nei territori di confine, difficili da definire con chiarezza, e che mettono a repentaglio l’ordine prestabilito.
Danger lies in transitional states, simply because transition is neither one state nor the next, it is undefinable[2]
Mary Douglas, Purity and Danger. An Analysis of Concepts of Pollution and Taboo
L’impurità è proprio questa impossibilità di una definizione netta, questa confusione, e il potere che ne consegue; è il potere dei margini che minaccia l’interno, il potere istituzionale, e che deve essere controllato e respinto.
Questo tipo di kegare non identifica un elemento specifico ma è il risultato di una relazione in un determinato sistema di valori; in questo senso, sia morte che nascita sono elementi che distruggono l’ordine sociale esistente in una data famiglia, portando cambiamenti significativi nelle relazioni interne. Anche qui, per proteggere il sistema e prevenire le minacce esterne, sono impiegati diversi tabu, imi 忌, o kinki 禁忌. Nel processo di creazione e definizione del sistema sociale, il potere dominante specifica gli outsiders; è un movimento dall’interno che spinge all’esterno ciò che ritiene pericoloso. La persona che si incorona imperatore (qui la dinastia Yamato), mantiene il monopolio dello status di divinità; i sudditi a questo potere, senza autorità politica alcuna, sono uomini e donne del mondo ordinario, profano. Sono kōmin 公民 (la gente, la classe lavoratrice) e hyakyshō 百姓, contadini e paesani. All’esterno, ci sono i kegai no min 化外の民, tutte quelle comunità che non hanno giurato fedeltà all’imperatore; sono stigmatizzati come animali, kemono, esseri incivili che portano su di se il segno di tsumi e kegare.
Kegare come impurità e discriminazione
Una seconda linea di analisi, non troppo dissimile da quella appena indicata, è tipica delle ricerche del XX secolo, e collega direttamente la nozione di kegare a quella di fujō 不浄, intesa come un distacco da ogni forma di purezza, e la pone alla base dei meccanismi di discriminazione e segregazione sociale che si attuano per esempio nei confronti di burakumin 部落人 e delle donne. L’ideologia delle tre impurità, sanfujō 三不浄 (kuro-fujō 黒不浄 o shie 死穢 morte, shiro-fujō白不浄 o san’e産穢,, nascita e aka-fujō 赤不浄 o ketsue 血穢, sangue), si sviluppa chiaramente all’interno della corte, e viene rafforzata dall’influenza buddista. Durante l’epoca Heian la nozione di kegare diventa una preoccupazione centrale per la nobiltà e la corte; tuttavia già in questo periodo assistiamo all’inizio dell’effettiva discriminazione di varie categorie sociali, tra cui appunto le donne che ospitano nel loro corpo tutte e tre le impurità, ma anche verso i disabili e le persone con chiari impedimenti fisici (con il corpo inabile, gotaifugu 五体不具, in opposizione a gotaimanzoku 五体満足, corpo senza alcun difetto fisico), e di nuovo verso gli abitanti delle montagne e delle isole.
Di nuovo si nota l’importanza dell’interazione tra potere centrale e periferie esterne. Mentre infatti il potere centrale impone il proprio controllo sulle terre agricole e sulla coltivazione del riso, inizia anche a definire l’agricoltura come il centro dell’economia statale. Una serie di politiche economiche sono quindi create allo scopo di imporre l’agricoltura come attività centrale; tra le altre, sono introdotte una serie di norme che impongono restrizioni alimentari e tabu, recependo i precetti buddisti sul divieto di uccidere e imponendo quindi un cambiamento nella dieta e nelle abitudini alimentari. In questo stesso periodo, però, le popolazioni esterne, delle montagne (sanmin 山民 ) e del mare (kaimin 海民), la cui vita si basava su caccia e raccolta, furono fortemente influenzate dalle nuove norme statali, in particolare perché per via della loro collocazione non potevano godere dell’invio di prodotti agricoli, ed erano quindi costretti ad infrangere i tabu alimentari andando quindi contro le norme di purezza imposte dallo stato.
La stessa preferenza per l’attività agricola si vede nell’attenzione alle festività: mentre le festività di tipo agricolo diventano ufficiali e sono inserite nel calendario imperiale, le festività legate alle montagne o al mare, connesse a yama no kami o a umi no kami, iniziano ad acquisire una valenza negative, poiché l’ideologia agricola porta alla classificazione delle popolazioni esterne in una posizione più bassa e umile, quasi deumanizzate come conseguenza delle loro attività di pesca e caccia che comporta un grande kegare (in connessione alla morte).
Questa nozione di impurità porta alla nascita di vari riti di purificazione o esorcismo chiamati harai (ハライo 祓), e kiyome (キヨメ o 清目), tra i quali il più importante è quello della Grande purificazione, Oharai 大祓 tenuto all’inizio dell’anno solare. Il suo scopo era quello di prevenire calamità e cattive influenze.