Dopo il primo incontro con Nakamura-san, sapevo che avrei dovuto cercare altre itako per raggiungere una migliore comprensione della loro attività, della loro vita e del loro mondo. Poichè ad oggi ci sono pochissime itako (forse non si arriva nemmeno alla decina) ho dovuto chiamare pazientemente tutti i contatti che ho trovato, sperando che queste signore fossero d’accordo ad incontrarmi. Dopo una lunga ricerca e qualche rifiuto, ho finalmente convinto due di loro a sottoporsi (!) a un’intervista; una di queste è proprio Aoyama-san, una signora di circa ottanta anni che vive con il marito nel cuore dello Tsugaru.
Un’altra itako
Ho provato a contattare per la prima volta Aoyama all’inizio della primavera 2013; abbiamo avuto una rapida conversazione telefonica grazie a una mia informatrice, durante la quale l’anziana simian mi ha detto di non avere tanto tempo, e che quindi non avrebbe potuto incontrarmi in quel momento. L’ho ringrazia per la gentilezza e le ho promesso di riprovare a contattarla in un secondo momento. E così, nell’estate del 2014, mentre organizzavo il mio ultimo mese in Tohoku, l’ho chiamata di nuovo, e senza insistere troppo, sull’intervista, le ho chiesto la disponibilità per eseguire un rituale kuchiyose (l’invocazione dei defunti); ha accettato, alla condizione che la incontrassi accompagnata da un’interprete per tradurre con attenzione il forte dialetto della regione. Alla fine abbiamo stabilito un incontro, alla fine di luglio dopo l’Osorezan Taisai.
Primo incontro all’Osorezan
Avevo già partecipato al Taisai nel 2012, ma ho deciso di tornare alla montagna di nuovo, per avere un confronto delle itako presenti al matsuri, accompagnata questa volta dalla professoressa Hara dell’Iwate Daigaku; ho potuto così notare un’intensa partecipazione di turisti, anche se le itako presenti erano solo tre – una delle quali proprio Aoyama. Mentre cercavo di avvicinarmi alla sua tenda, sono stata placcata da un uomo che mi ha impedito di avvicinarmi oltre. Come Hara-sensei mi ha spiegato, si trattava del marito di Aoyama: siamo riusciti a scambiare qualche parola con lui, nonostante la sua estrema diffidenza nei nostri confronti, e abbiamo scoperto che ogni anno anche lui si reca al Taisai per aiutare la moglie e per tenere a bada i visitatori fastidiosi (ogni riferimento è puramente casuale). Dopo questa chiacchierata abbiamo quindi lasciato Aoyama e le altre itako al loro lavoro, visto che la coda di fronte alle loro postazioni si stava allungando incredibilmente, e abbiamo continuato il nostro percorso all’Osorezan.
L’incontro effettivo con Aoyama si è verificato qualche giorno dopo, come programmato. Accompagnati dalla nostra interprete Sachiko-san, abbiamo guidato da Misawa a Nakadori, nella regione di Tsugaru (prefettura di Aomori), circa tre, quattro ore di macchina a ovest; durante il tragitto, Sachiko ed io abbiamo rivisto alcune questioni sull’incontro, perchè ci era stato garantito un kuchiyose, ma non eravamo sicure che Aoyama fosse disponibile per un’intervista. Una volta arrivati nei dintorni, abbiamo chiamato Aoyama, per farci condurre direttamente alla sua casa; come immaginato, è stato il marito a venire a recuperarci, e ci ha riconosciuto immediatamente con una risata mal nascosta.
L’itako e il kuchiyose
Abbiamo raggiunto la casa dopo pochi minuti di macchina: una piccola casa tradizionale, come alcune altre del vicinato, molto silenzioso; siamo stati accolti in una stanza con i tatami, con la televisione che chiacchierava sullo sfondo, e siamo stati invitati a sederci di fronte all’itako e al marito. Dopo i primi ringraziamenti e cordialità, Sachiko ha iniziato a introdurre il nostro lavoro e la ragione della nostra visita mentre l’anziana coppia annuiva di fronte a noi; ha provato a chiedere coraggiosamente di registrare la nostra conversazione, data la difficoltà di comprensione del dialetto dello Tsugaru e l’impossibilità di tradurre tutto con correttezza sul momento, ma Aoyama ha rifiutato, con gentilezza ma fermamente. Ci siamo quindi spostati in una stanza separata per il kuchiyose, mentre il marito è rimasto davanti alla televisione a rilassarsi. La piccola stanza in cui ci siamo seduti era dominata da un altare, simile a quello nella casa di Nakamura, di fronte a cui abbiamo individuato diverse offerte (cibo, bevande, doni, ecc.), e gli specifici strumenti delle itako, come il rosario.
Mentre prendevamo posto silenziosamente, Aoyama si preparava per il kuchiyose, battendo le mani per quattro volte, indossando il kimono bianco, accendendo l’incenso e iniziando a sfregare il rosario. Dopo i primi momenti di silenzio, ha iniziato a farmi qualche domanda specifica sullo spirito che stavamo per invocare, la mia nonna paterna.
Aoyama: Chi vorresti contattare?
Me: Mia nonna
A: Quando è mancata?
M: Il 21 luglio 2011
A: Era italiana? Di dove?
M: Di Torino
A: Hai fratelli o sorelle?
M: No
A: E tua nonna?
M: Si, aveva due sorelle
Mi ha poi fatto alcune domande su mia madre (la sua età, se era figlia unica), e mi sono quindi accorta che aveva frainteso la relazione tra i miei genitori e mia nonna; abbiamo chiarito subito il malinteso e l’itako ha continuato con alcune domande preliminari. In particolare, mi ha chiesto se i miei genitori erano divorziati: le ho spiegato che entrambi avevano avuto un matrimonio precedente che era finito in divorzio, ma da quando si sono incontranti sono rimasti insieme, per gli ultimi 30 anni.
Dopo queste domande iniziali, a iniziato a intonare una cantilena, più breve rispetto a quella di Nakamura-san, per invocare lo spirito del defunto; la differenza tra i due stili si è notata subito, poiché mentre Nakamura parlava in prima persona, come se fosse il defunto stesso a parlare, Aoyama interpretava il ruolo di messaggera, riportando in terza persona quello che lo spirito voleva comunicare.
Ha iniziato a riportare alcuni dettagli della gioventù di mia nonna
Quando non eri ancora nata, quando era giovane, tua nonna ha avuto una vita difficile
Continuando con la conversazione, ha riferito le ansie di mia nonna sul futuro del mio matrimonio, poichè viaggio molto e spesso da sola, anche vista l’esperienza dei miei genitori.
La mamma di tuo padre era preoccupata per il figlio, quando ha divorziato, e ha sperato che potesse sposarsi di nuovo e avere dei bambini; la sua sola speranza è che tu e suo figlio siate felici.. ha provato a fare il possibile per farvi vivere felici […] Tua nonna ci teneva davvero tanto a te, e vuole che tu sia felice […] ora sei sposata e quindi è preoccupata su come vivrai da ora in avanti, se andrai d’accordo con tuo marito, e spera che sarai felice.
Aoyama ha insistito su questo punto per buona parte del kuchiyose; a parte qualche rapido commento sulle difficoltà della gioventù di mia nonna, si è concentrata principalmente su questa problematica relazionale, riportando le preoccupazioni di mia nonna sul futuro della famiglia. Mi ha anche raccomandato di visitare la tomba di mia nonna con maggiore frequenza, perchè anche se per la “gente occidentale” le tradizioni sono diverse, dovrei comunque ricordarmi dei miei antenati e visitarli diverse volte durante l’anno. Aoyama ha avuto un approccio molto diverso al kuchiyose in paragone all’itako incontrata precedentemente, in quanto il suo stile colloquiale ricorda più una sessione di counseling che non un rituale vero e proprio. Quando il kuchiyose è giunto al termine, l’itako ha sfregato di nuovo il rosario e ha intonato una preghiera finale, si è poi inchinata verso l’altare e ha battuto le mani insieme, completando il rituale.
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Un’itako diversa
Aoyama-san si è rivelata decisamente una donna più introversa e privata, non particolarmente desiderosa di condividere la sua esperienza, probabilmente a causa di precedenti esperienze poco piacevoli con ricercatori (da quello che ho potuto cogliere in alcune frasi), per cui Sachiko ed io siamo state molto caute nel richiedere un’intervista e nel tipo di domande da porre dopo il kuchiyose: Sachiko in particolare è stata molto attenta e sensibile, ed è riuscita ad aprire una piacevole conversazione con Aoyama, permettendoci così di raccogliere qualche informazione in più.
Aoyama è nata nel 1938 (Showa 13), nella regione di Tsugaru; diversamente dall’immagine tipica delle itako, non è cieca, e indossa occhiali da vista solo per via dell’età. Questa è sicuramente una prima differenza importante rispetto alla rappresentazione canonica, ma come ho potuto scoprire dalla mia osservazione e da precedenti report di campo, non è l’unica eccezione (ne parlerò con più attenzione in post futuri). Un altro elemento che separa Another dal classico percorso delle itako è il suo apprendistato; mentre generalmente la bambina cieca veniva mandata da una maestra per l’allenamento, vivendo con lei e aiutandola nella quotidianità (come è successo a Nakamura), Aoyama è stata allenata da sua madre, lei stessa un’itako. Questo è un tipo molto particolare di linea di successione, poiché questa professione non ha quasi mai carattere ereditario; poiché la mamma era cieca, Aoyama ha iniziato da molto piccola ad aiutarla nella professione, seguendola nei festival e alle visite dai vicini, imparando così a memoria le preghiere, le invocazioni e i rituali che la madre eseguiva. Non ha specificato quando ha effettivamente iniziato a praticare, ma ha accennato ad un’attività professionale lunga ormai 60 anni, che ci ha permesso di stimare l’inizio intorno ai 18 anni.
Aoyama è stata molto riservata sulla sua famiglia, facendoci comprendere di essere sposata da molto tempo, e di essere madre. Dato il suo carattere introverso, abbiamo spostato la conversazione su altri met, più direttamente connessi alla professione: ci ha detto che la professione di itako sta cambiando rapidamente negli ultimi anni, e che c’è una profonda differenza tra le vecchie e le nuove professioniste: quando si allenava con la madre, era solita recarsi a praticare le austerità in montagna, in particolare al monte Iwaki 岩木山, sottolineando l’estrema durezza di questa esperienza come mezzo per affinare corpo e spirito, e per accedere a un vero potere spirituale. Le itako più giovani, invece, non vanno mai nelle montagne, e questo è un vero problema per la loro professionalità e attività. Ci ha inoltre mostrato una licenza ricevuta da un non meglio specificato tempio locale, che la riconosceva come itako e le permetteva di praticare nelle aree circostanti e in diversi matsuri; di nuovo Aoyama ha sottolineato così la differenza con la situazione presente in cui queste licenze non vengono più rilasciate, e c’è un riconoscimento minore della pratica. Sembra molto dura verso tutti coloro che utilizzano il nome “itako” come strumento per guadagnare popolarità e denaro senza avere alcun genere di potere o capacità spirituale.
Questa è in effetti una lamentela che ho ascoltato ripetutamente da diverse persone, oltre che da Aoyama, in particolare dalla famosissima kamisama Kimura-san (di cui leggerete più avanti); l’implicita dichiarazione è che il loro lavoro sia adesso estremamente in voga, soprattutto a livello di cultura pop (attraverso la televisione, riviste, manga…), e la gente sta cominciando a mostrare nuova curiosità verso queste figure religiose, a tal punto che c’è una forte necessità di legittimazione e riconoscimento, e un bisogno di proteggere il proprio campo d’azione da quanti sono identificati come impostori.