Oggi vi parlo di un romanzo che mi ha fatto piangere (sai che novità) e di cui ho amato tantissimi dettagli.
Si tratta del testo Nel Cuore di Yamato di Aki Shimazaki, edito da Feltrinelli.
Partiamo dall’inizio, anche se ho già parlato di questa autrice. Aki Shimazaki è una scrittrice di origine giapponese ma naturalizzata canadese. Vive in Canada da diversi anni (più o meno da metà anni Ottanta) e scrive in francese. La sua è quindi una letteratura che fuoriesce un po’ dalla definizione di “giapponese” secondo gli studi contemporanei.
Al di là di queste definizioni, i suoi romanzi hanno sempre il Giappone al centro, guardato in diversi momenti della sua storia moderna.
Nel cuore di Yamato e il suo secondo romanzo pubblicato in Italia dopo Il peso dei segreti, e in modo simile anche questo è un romanzo storico, familiare, transgenerazionale.
Troviamo qui molti più personaggi, in un arco di tempo forse più lungo, che fluttua tra gli anni Ottanta, poi Novanta, poi Trenta, e in quest’oscillazione si costruiscono e distruggono vite e famiglie sotto il peso della Storia.
La guerra, la perdita, la condizione della donna e della famiglia: tutti temi già in parte presenti nel suo romanzo precedente ma qui come amplificati.
Nel cuore di Yamato è un testo splendido: più di 300 pagine volate via in tempo record, in un rapido innamoramento per le scelte “di regia” per i salti temporali, per i protagonisti e le protagoniste che si trovano ad agire, scegliere e fallire nel contesto di grandi conflitti e tragedie mondiali.
Da un capitolo all’altro, da un decennio all’altro, le voci narranti – e quindi le prospettive – cambiano: si passano il testimone, si inseguono per arrivare a ricostruire gli incontri e gli scontri di alcuni attori principali. Ogni voce porta la sua verità, ogni episodio racconta esperienze diverse – oppure uguali ma da altri occhi.
Pur essendo un romanzo storico – dove quindi una certa dose di prevedibilità è contemplata – ci sono alcuni passaggi concitati e alcuni cliffhanger (per usare un gergo contemporaneo) che catturano e obbligano alla lettura serrata.
Certamente, se in altri romanzi letti di recente ho avvertito una certa freddezza, quasi reticenza, a parlare di relazioni, qui invece siamo davanti a un fiume in piena. Mai melenso, mai sdolcinato anzi a volte crudele e ineluttabile, il romanzo ci porta di volta in volta tra amori e legami diversi, in qualche modo tutti uniti, che cavalcano la storia giapponese e globale ma che fanno emergere in estrema sintesi la ricerca di fondo dell’essere umano: amore (non solo romantico), accettazione, legame caldo e profondo con l’altro.