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Non conosco Fosco Maraini. Anzi, fatemi subito ricominciare: conosco Maraini solo per il suo apporto accademico agli studi di yamatologia. Lo conosco come etnografo tra gli Ainu e come amante del Giappone nonostante le avversità.

Quello che ho conosciuto mi ha subito affascinato, per la lucidità nell’analisi e per l’attenzione alla lingua e alla scrittura. Leggere Maraini – le sue opere di carattere antropologico – non è mai noioso, e le parole si susseguono armoniose.

Il fascino per questo stile mi ha spinto verso Il Gioco dell’Universo (titolo completo: Il Gioco dell’universo, un padre e una figlia e il sogno della scrittura, La Nave di Teseo, 2020), un libro e due voci dove Dacia Maraini ci restituisce frammenti di memorie paterne.

Ora ci vanno delle premesse: innanzitutto perché parliamo di un autore, un ricercatore, un studioso, un etnografo e tanto altro che è una sorta di “mostro sacro” per chi si avvicina alla cultura giapponese. In più, parliamo di una figlia (Dacia) anche lei scrittrice, che in qualche misura porta avanti l’eredità artistica paterna e ci restituisce un uomo anche attraverso i suoi occhi di figlia. Devo quindi parlare (e scrivere) con molta cautela, perché mi sto affacciando su una relazione intima, familiare e anche complessa.

Prima di avvicinarmi a questo libro non avevo un’immagine a tutto tondo di Maraini e non avevo un’idea della sua esperienza di vita più ampia: in parte conoscevo ovviamente alcuni dei suoi viaggi, perché avendo scorso la bibliografia si sa qualcosa. Ma in realtà molte molte cose che la figlia racconta in questo libro a me erano sconosciute. Forse lo saranno anche per voi.

Lo sguardo di una figlia

Lo sguardo di Dacia Maraini non si limita a riportarci l’eperienza del padre ricercatore e accademico, ma ci restuisce Fosco in qnato uomo, portatore di passioni e di curiosità, e forse anche di diversi dubbi.

Da queste pagine esce Maraini padre nella sua umanità più ampia: un uomo degli anni Dieci, nato da madre inglese ma cresciuto a Firenze, in un ambiente culturalmente ricco e in grado di rispondere alla sua immensa curiosità – a partire dallo studio delle lingue e dal desiderio di viaggiare nel mondo. A ogni pagina, non possiamo dimenticarci che l’immagine davanti ai nostri occhi è quella trasmessa da sua figlia: si percepisce il sguardo amorevole, pur con una sottintesa difficoltà di comprensione reciproca, ma  con un’immensa ammirazione di Dacia per l’esperienza che porta il padre.

Tra viaggi e montagna - attraverso la lingua

L’immagine riceviamo di Fosco è quella di un uomo con due immense passioni – tra le tante: quella per la montagna e quella per i viaggi. Due passioni che si alimentano reciprocamente. Seguiamo quindi Fosco nei suoi viaggi, guardando al suo carisma attraverso gli incontri e le relazioni che intrattiene, alla curiosità per le popolazioni che mano a mano conosce. E lo seguiamo anche grazie all’inserimento della sua stessa voce: il volume infatti ci introduce estratti dei suoi diari – che corrispondono anche a una impaginazione grafica differente – e ci permettono quindi di seguire i suoi percorsi e le sue reazioni davanti alle diverse situazioni di vita.

Sono stralci che Dacia ci riporta cosi come lei stessa li ha letti, e in questo senso la scrittura stessa si conferma l’altra protagonista del racconto: Fosco diventa quindi non solo esploratore e alpinista ma anche paroliere che con la lingua vive una relazione tutta particolare. Giochi letterari, esperimenti linguistici, l’abitudine di scrivere sempre e di tutto, la scrittura come fonte di espressione. Ma anche come riflessione e dialogo con il divino, la propria dimensione spirituale.

Sempre nella forma del diario, del flusso di coscienza e della sperimentazione intellettuale, Maraini ci permette di guardare nel suo rapporto con il sacro attraverso la scrittura – intenso anche come rapporto con la morte e l’aldilà. In un dialogo tra intimo e pubblico, comprendiamo che la scrittura non si restringe a semplice strumento lavorativo ma si rivela elemento di conoscenza del mondo, di comprensione degli esseri umani, di viaggio verso l’ignoto.

Ed è attraverso la magia della scrittura che Maraini – padre – ci restituisce la concretezza della quotidianità giapponese, nella sua lucida riflessione sulla popolazione locale e nel suo sguardo curioso sugli Ainu.

In ultima istanza, quello che resta di queste pagine è la spinta verso la ricerca: attraverso la scrittura, i viaggi, la montagna, gli incontri. Una ricerca dell’Altro, di Altro, dell’Ignoto, del Divino, del Diverso. Una ricerca forse anche per il piacere puro della scoperta.

Ed è in questa vocazione alla ricerca che si colloca la scoperta del Giappone: una relazione che, come sappiamo, non è assolutamente priva di intoppi ma piena di sfumature e di contraddizioni, e in cui Fosco sembra non venire mai meno al suo “principio di lucidità” che lo guida nella scoperta.

E sul Giappone si inseriscono anche le memorie di Dacia: una memoria anche in questo caso ambigua, dal 1943 per l’incarico all’università, in una dimensione che sembra immune alla guerra, lontana dai dilemmi e dai conflitti della tragedia globale.

Nell’insieme, un testo da non perdere per riscoprire una figura così importante negli studi di nipponistica (ma anche di antropologia) e per guardare con cautela su un rapporto familiare che vive e si sviluppa attraverso le intensità della vita.