Dendera (Yuya Sato, Rizzoli) è stato il libro scelto a giugno per il Bookclub “La volpe in Bodoni”. Un testo che mi ispirava molto dato il suo radicamento nella tradizione e nel folklore antico. Una comunità di donne, l’anzianità, la montagna. E il terrore della natura che minaccia e si difende.
Il romanzo poggia su un’antica tradizione – dolorosa e cinica: quella di abbandonare gli anziani a morire in montagna. Solitamente riservata alle donne, l’ubasute era praticato nelle comunità rurali dove la povertà e le carestie erano pericoli costanti, e ogni bocca da sfamare poteva essere una minaccia alla sopravvivenza della comunità.
Il romanzo si apre quindi con la nostra protagonista – Kayu – che raggiunti i settant’anni, viene accompagnata in montagna per raggiungere il paradiso tanto promesso e morire serenamente dopo una vita diligente di lavoro e sacrifici.
Questo progetto di morte viene però interrotto da un’intervento inatteso: un gruppo di donne che negli anni si sono rifiutate di morire nella montagna e hanno dato vita a una resistenza nella forma di una comunità chiamata Dendera.
Salvata sull’orlo della morte da queste donne, Kayu manifesta tutta la sua rabbia e il disprezzo verso una scelta di sopravvivenza che definisce codarda. Attraverso gli occhi di Kayu siamo quindi condotti all’interno della comunità e delle sue dinamiche – così particolari eppure così ancora profondamente radicate alle logiche del villaggio lasciato alle spalle.
A minacciare questa precaria comunità – che già fatica a trovare un orizzonte – interviene poi la natura selvaggia nella sua forma più violenta: quella di un’orsa gigantesca che si muove alla ricerca di cibo.
In un turbinio sanguinario, tra le menzogne di Dendera e il tentativo disperato di sopravvivenza, Kayu e le altre si ritroveranno ad affrontare ancora una volta la morte, la vendetta e il loro passato.