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Buongiorno!
Oggi torniamo a parlare di viaggi in Giappone (ovviamente) e di cosa è necessario fare e sapere prima della partenza. – insomma un po’ di consigli pratici!

Sono consiglia adattabili, che variano anche a seconda del tipo di esperienza che volete fare, ma intanto proviamo a vedere qualche indicazione di base!

Viaggiare in solitaria

Premessa (spero l’unica!): parlare di viaggio in Giappone per me vuol dire parlare di viaggio in solitaria. A parte un paio di parentesi, e le occasioni in cui accompagno altri viaggiatori, ho sperimentato il Giappone prima di tutto (e soprattutto) da sola. Sin dal mio primo viaggio nel 2008, questo paese è stato terra di esplorazione autonoma: sicuramente perché l’ho sempre sentita come un’esperienza molto personale ma anche (e qui arriva il primo punto importante) perché in Giappone mi sono sempre sentita molto sicura. Si sa diffusamente che il tasso di criminalità in questo paese è molto basso, e che le strade (anche nelle grandi metropoli) sono decisamente sicure. Il che non vuol dire che si possa essere del tutto noncuranti, ma che in media anche per una donna viaggiare in Giappone da sola risulta un’esperienza più che praticabile.

In più, oltre alla sicurezza, è un paese “comodo” (soprattutto se paragonato ad altre mete, ma anche alla sola Italia!) dove i trasporti e le prenotazioni funzionano bene. Organizzare le tappe di un itinerario (tolta la barriera linguistica) non è impresa troppo complicata.

Passaporti e JR Pass

Fatta questa premessa, come organizzarsi per andare in Giappone? Cosa è necessario ricordare?

Dipende molto da voi! In che senso? Nel senso che, dal punto di vista burocratico e legale non ci sono grosse difficoltà per entrare in Giappone: se si viaggia in questo paese per un periodo inferiore ai 90 giorni, non è necessario richiedere il visto (tema invece più complesso, su cui non mi soffermo qui) e non è necessario altro permesso (come invece accade negli USA con l’ESTA). L’unico obbligo è quello di presentare un passaporto in corso di validità. Sembra un’ovvietà, ma per noi europei abituati a spostarci tra nazioni con la semplice carta d’identità, la svista è dietro l’angolo!

L’accortezza è quindi di verificare con anticipo che il passaporto sia in corso di validità nel periodo di permanenza in terra straniera: le tempistiche per il rinnovo (almeno a Torino) sono bibliche, in media 40 giorni, e quindi è necessario partire per tempo per avere il passaporto nuovo.

L’altra cosa che vi consiglio di valutare con anticipo (a seconda del viaggio che avete in mente) è l’acquisto del JR PASS.

Lo sapete tutti, il JR pass è un documento di viaggio, una sorta di biglietto unico per viaggiare su tutti i treni della linea JR. Limitato esclusivamente ai turisti, ha costi variabili a seconda della durata (il pass può durare infatti 7, 14 o 21 giorni) e vi viene spedito a casa, in Italia. Dovete quindi arrivare in Giappone già con la documentazione corretta, per attivare poi il pass alle stazioni locali.

L’acquisto del JR Pass non è obbligatorio, ed è una valutazione decisamente personale rispetto al viaggio che avete in mente. Tuttavia, i trasporti locali (shinkansen prima di tutto) sono abbastanza cari, e spesso l’acquisto del pass permette di contenere i costi.

Discorso simile, ma per un’altra puntata, se volete affittare un’auto: è necessaria la patente internazionale, la prenotazione prima della partenza… insomma ci va pianificazione, ma in media sono valutazioni che dipendono molto dal tipo di esperienza che volete fare.

Nota a margine: oltre al JR Pass generico, esistono anche alcuni pass più specifici che coprono solo determinate tratte (ad esempio, il JR Pass East) e che hanno costi più ridotti. Potete quindi valutare, in base al vostro itinerario, cosa conviene acquistare.

Di connessioni e altri suggerimenti

Oltre a queste due necessità, ci sono poi una varietà più o meno ampia di altre accortezze che possono rendere più tranquillo il vostro viaggio in Giappone.

Parto da quello che mi sta più a cuore (che non vuol dire sia il più importante per tutti eh…): la prenotazione del pocket wi-fi, la scatoletta magica che ti connette a Internet per tutta la permanenza. Certo, io ho una particolare dipendenza dalla rete, e non sempre i wi-fi dell’albergo sono affidabili, MA (permettete la maiuscola) il pocket-wifi offre una concreta praticità, anche per i meno fanatici della connessione: in caso di necessità si può agilmente comunicare con l’Italia tramite WhatsApp o simili, e soprattutto si può accedere a Google Maps, scacciando per sempre il terrore di perdersi nei meandri senza indirizzo di Tokyo.

Tutti ormai sono a conoscenza dei labirinti urbani nipponici e, per quanto sul luogo troverete sempre gentilezza e supporto, avere la possibilità di agire in autonomia e nella propria lingua è una praticità impagabile. Anzi, pagabile con il pocket-wifi, che non è super economico ma che, nella mia esperienza, non ha mai sforato gli 80 euro per 15 giorni.

Esistono anche le SIM card, ma non avendole mai usate personalmente non mi sento di raccontarvele.

Altra variabile che potreste considerare: assicurazione sanitaria. Non ho mai avuto episodi difficili, dal punto di vista della salute, ma è pur vero che il Giappone è un sistema diverso dal nostro. Con il suo misto di pubblico e privato (il sistema sanitario giapponese è più complesso, ma per ora semplifichiamo così), i costi per interventi di emergenza possono essere importanti. Se a questo aggiungete comunque l’ansia linguistica, una copertura assicurativa può offrire una maggiore serenità durante la permanenza.
Ah, e ovviamente, quando comprate il biglietto fate l’assicurazione sullo smarrimento bagagli. Questo, ancora di più dell’assicurazione sanitaria, vi farà imbarcare sereni.

Prenotare gli alberghi

La gestione è prenotazione dei pernottamenti è forse ciò che di più personale esiste nel viaggio.

Quando viaggio da sola, prenoto in partenza ostelli o alberghi locali. Non uso Airbnb, e le volte che mi sono trovata ad affitare una casa era tramite l’università o conoscenti fidati. Nessun pregiudizio specifico, solo mia personale praticità.

Similmente, se già conosco le tappe del mio itinerario, cerco di prenotare tutto quello che posso prima della partenza. Mi rilassa, mi permette di girare con  maggiore serenità sapendo che la sera avrò un luogo dove sdraiarmi e dormire. Si può anche prenotare cammin facendo, in modo da avere più libertà di improvvisazione, ma è una valutazione da fare soprattutto in base alla stagione in cui viaggiate: se viaggiate da soli in inverno è sicuramente più facile trovare all’ultimo minuto, ma se siete in gruppo e se, per esempio, vi trovate nella stagione per eccellenza, la primavera e il periodo degli hanami (ma anche la Golden Week), posso dire con quasi totale certezza che gli alberghi e le sistemazioni libere saranno drasticamente ridotte.

I costi delle strutture cambiano immensamente: potete trovare le soluzioni più di lusso (se questo è il tipo di viaggio che favorite) oppure quelle più economiche ma comunque accoglienti e pulite, perfette per chi vuole stare tanto in giro e torna “a casa” solo per dormire. Insomma, non è vero che tutto è immensamente caro, e se guardate con un po’ di anticipo di certo trovate soluzioni per il vostro portafoglio.

In ogni caso, mi sento di consigliare l’esperienza del minshuku (piccola pensione familiare, spesso economica ma molto caratteristica) e dei ryokan (di solito più cari, in media su 100 euro a notte, ma potete trovare fluttuazioni di prezzo… e a mio avviso l’atmosfera li vale tutti).

Ultima cosa: un mio spassionato consiglio perché soffro spesso di mal di testa e ho solo un paio di medicinali che funzionano, ma partite con un paio di farmaci di emergenza. Febbre, dolori improvvisi, insomma quegli inconvenienti che rovinano il viaggio, hanno bisogno di soluzioni rapide che il nostro corpo conosce. Certo il Giappone straborda di farmacie, ma personalmente vi indico due problematiche: la lingua è la prima. Farsi capire, mentre si soffre, in un inglese stentato (da entrambe le parti) può essere un’esperienza complessa che non porta ai risultati sperati. Insomma, non si può rischiare che il farmacista capisca male e ci dia il farmaco sbagliato! E poi, altra problematica: il dosaggio dei farmaci non è uguale in tutti i paesi. Potremmo ritrovarci con un prodotto che fa troppo o troppo poco effetto sul nostro corpo, e trovandoci in un paese straniero (vedi problematica 1) è meglio avere a portata i farmaci abituali.

Il discorso è ancora più vero per chi ha allergie (eccomi!) o malattie croniche, ma si tratta di persone che sono spesso già abituate a viaggiare con la propria scorta personale.

Cosa lascio in Italia

Per chi mi segue da più tempo non è una novità: ho un bimbo piccolo, per cui partire (per lavoro e ricerca) vuol dire soprattutto preoccuparsi di cosa lascio qui in Italia. Organizzare le persone che si prendono cura di lui, immaginare una mini-scaletta della settimana perché tutte e tutti conoscano i loro turni. Certo, c’è l’asilo ma c’è anche l’influenza (e mio figlio l’acchiappa al volo) e quindi partire vuol dire anche ipotizzare come muovere familiari e collaboratori  in questa circostanza.

E poi, vuol dire organizzare Inari, far si che tutto sia a posto, che ci siano i libri, che ci sia una persona in negozio (anche se magari con orario ridotto), che insomma la tana della volpe sia attiva e funzionante anche senza di me.

Mentalmente, questa è la parte più faticosa perché non si esaurisce con la partenza. Rimane lì, come una piccola spia che quotidianamente riporta il cervello in Italia, per ripercorrere tutto quello che ho organizzato.

Mio figlio crescerà, sarà più facile e spero presto di poterlo portare con me. Ma certo è una fatica, e una piccola malinconia che viaggia con me.