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Ho iniziato il mese con una readinglist eterna, e ovviamente i piani sono poi andati in un’altra direzione. Ma tra i vari libri che per fortuna sono riuscita a leggere c’è La Grande Traversata, di Miura Shion (ed. Einaudi): questo titolo è stato anche scelto come #librogiappone (ora esiste anche un profilo instagram, che vi consiglio di seguire!)

Entriamo nel vivo, immediatamente: di cosa parla La Grande Traversata? Il romanzo si incentra su una missione enorme: quella di redigere un dizionario della lingua giapponese. Semplice nella sua enormità, questo è l’orizzonte entro cui si muovono i principali protagonisti della storia. In particolare, artefice e fautore dell’impresa è un uomo di nome Araki, che sta per andare in pensione e deve quindi deve scegliere un successore: inizia così la ricerca di un uomo che sia altrettanto dedito alla missione di quanto lo è lui. Ecco che quindi entra in scena Majime, uomo silenzioso, timido, dedito esclusivamente al suo lavoro, che accetta di farsi carico di questo immenso lavoro.
L’intero testo si configura quindi come un gioco linguistico, che racconta la storia d’amore per la lingua, per l’attenzione ai dettagli nella trascrizione e nella spiegazione dei vocaboli. Amore per le sfumature. Per questo credo che si tratti di un testo molto coraggioso, che affronta una tematiche apparentemente meno avvincente di tante altre ma riesce a darle vita con grande fascino. Penso inoltre che, per chi studia la lingua, sia un testo di grande curiosità proprio per la difficoltà – anche in fase di traduzione – di restituire al lettore la complessità e la bellezza dell’impresa. Ci offre inoltre una serie di riflessioni al confine con la filosofia sulla capacità di comprendere la propria lingua, di conoscerla davvero nei suoi angoli più segreti, e di conseguenza la possibilità di capire e comprendere gli altri esseri umani che condividono quella stessa lingua. Ci spinge a riflettere sul nostro margine di accettazione e comprensione reciproca, a partire da un punto di vista linguistico per navigare poi verso l’accettazione e la comprensione dell’indole e dell’emotività altrui. Anche quando è strana, diversa dalla nostra, forse difficile.
Uno esempio che può rendere la complessità lessicale – sia per chi scrive che per chi traduce – è una piccolissima riflessione sul titolo.
Il titolo in giapponese Fune o amu non è stato tradotto in maniera letterale: amu porta con sè un doppio significato, quello di “intrecciare” e quello di “compilare”, e diventava quindi complesso rendere questa ambiguità mantenendo una traduzione troppo fedele. Certo, il titolo giapponese riesce a riportarci la sensazione della complessità dell’impresa ma anche il titolo italiano, a mio avviso, riesce egregiamente a trasmettere la portata dell’avventura.
Inoltre, “la grande traversata” è poi il nome che viene dato al dizionario durante tutto l’arco del racconto, il che ci permette forse di cogliere ancora meglio il vero protagonista della storia.
La Grande Traversata è certamente un romanzo corale, con tante piccole voci che ruotano attorno ai kanji, alle definizioni, alla carta, e per estensione ai diversi personaggi coinvolti.
Alcuni di questi personaggi sono a mio avviso meglio riusciti di altri (che a volte invece sembrano un po’ stereotipati), ma nell’insieme mi viene da dire che la relazione tra le varie comparse sia affina e speculare a quella tra le parole del dizionario. Comprensione, accettazione, incomunicabilità sempre di fronte a relazioni che ci raccontano comunque una difficoltà a intessere relazioni quiete e completamente coinvolgenti.
Relazioni che restano sempre leggermente fredde, che sembrano non essere mai narrate con l’esperienza di chi le ha vissute.  E forse questa è la caratteristica del romanzo (di questo ma di tanti altri) che mi lascia perplessa. Nel tentativo di raccontare la difficoltà delle relazioni, le relazioni descritte non risultano convincenti – nè nella loro distanza, nè nella loro complicità. Non si chiarisce mai come nascono, se e come evolvono, come e con che forza resistono al tempo. Oppure se si sfaldano e perché. Sono lì, evidentemente importanti ma difficili da decifrare davvero.